Tuesday, February 28, 2006

the Pillow Effect

ho un nuovo amante, trovato per caso, per uno di quei casi che non
rispondono a nessun ordine o disegno, solo a un'intuizione. La prima
volta che l'ho visto gli ho guardato la bocca e mi sono detta: prima o
poi la bacio, gli ho visto le mani e già sapevo che le avrei strette e
morse dopo breve. Non ho neanche provato a metterne a fuoco altri
dettagli. Il suo accento ha fatto il resto. La prima sera da sola con
lui il caso mi aveva allineato già tutti gli assi per bene, metterci
il resto è stata tutta una discesa.
Mi ritrovo seduta di fronte a lui, dopo avergli preparato una cena che
include due dei tre ingredienti a cui è allergico, mi guarda, piega la
bocca in tutta una serie di semisorrisi, sussurra, poi ride forte, poi
ascolta smettendo di mangiare, parliamo e sembrano le battute di una
sceneggiatura premiata quanto meno a locarno. Dalla sua lui ha
l'irregolare bellezza dei semidei da pubblicità di profumo, io so di
avere quello che le ragazze che di solito frequenta non hanno. e di non
avere tutto quello che loro hanno invece in abbondanza. In qualche modo
me lo dice: non gli capita che una ragazza lo abbia intorno quando non
è tirata a lucido, in tiro, tacchi gloss etc.
E ci sa fare talmente tanto che ne avanza perché io ne rubi senza che
nemmeno me ne accorga. parla di serendipity. "my clever girl" , "so
pleased to see you clever girl" ripete un po' troppe volte perché mi
venga in mente di ricambiare la cortesia. che in realtà meriterebbe
tutta. E la voce. la voce e l'accento, un sali e scendi morbido, di
velluto, si posa su sillabe incomincia parole, infila suoni, mi parla e
me ne ubriaco.

Qualche settimana dopo, insieme a doug analizziamo il fenomeno e decidiamo
che ha poco a che fare con il tipo in questione. L'accento british né
posh né docks fa questo effetto. Lo chiamiamo "the pillow accent
effect": l'accento di chi ti fa sentire adagiato su un cuscino di
velluto, con la testa piegata da una parte in estasi. Dice douglas che
a londra ne trovi a quintali così, che a new york ci sono scuole dove
insegnano a parlare così perché alle ragazze piace un casino. Solo che
il tipo (decido che non ha un nome e gliene invento uno) beve con
moderazione, profuma di buono è elegante anche quando non ha addosso
che i calzini, posso perdonargli facilmente i jeans super hip con la
cucitura bieca. Semidei da copertina patinata, l'ho detto, vivono
(anche) per camicie armani e scarpe con lo swoosh che non servono in realtà a
praticare alcuno sport, anzi sono controindicate a quello scopo, ma
buone solo per camminare, per varcare con aria fra l'annoiato e il
divertito le soglie dei locali ultra alla moda. dei bar con i dj che
fanno le compilations, quelli con la selezione all'ingresso, insomma
tutti i posti da cui io mi tengo a distanza di sicurezza.
A casa sua dove me invita ("would you like to hop in?") begli oggetti
di design, bel moderniariato come se ne trova a parigi ad averci i
soldi, vuole un solo abbraccio lungo qualche ora sul divano da cui
rischia di cadere, per cui tocca stringerlo davvero forte "I like it
cozy" dice quando gli faccio notare che si sta scomodi.
A silenzio radio è bravo almeno quanto è bravo al resto. decido che
posso sperimentare (se pure dovessi giocarmela male, tanto a londra ne
trovo a chili come lui) sparire a lungo non funziona, cercarlo con
moderazione nemmeno. Impensabile provare a insistere, quello cama l'ha
imparato tempo fa e non lo mette più in discussione. Allora senza
troppo rimpianto mi dico che me lo sono giocato ancora prima di aver
fatto veri passi falsi. Fa bella figura nell'archivio degli amanti, è
già qualcosa.
Decido di mandargli
un messaggio d'addio: "hi shallow boy. Too bad, I would have liked to kick it
with you some more. Don't be flattered though, it was good chemistry
more than your charms. Good night and good luck".
Risponde dopo 15 secondi (da sommare ai 10 giorni di silenzio che
precedono il mio "addio") " !!!!!???? want to see me again or not!!!?"
rispondo: "wasn't that obvious? I'm not used to be blanked by guys.
Usually I'm the one who vanishes and plays hard-to-get".
Chiama subito, chiama e dice che fra mezz'ora è da me. arriva e chiede
di restare a dormire, mi chiede perché sono andata via da casa sua
senza dir nulla l'ultima volta che ci siamo visti, dice che lui
l'aveva preso come un addio (vero, sono sgaiattolata via all'alba,
senza lasciare tracce o biglietti, previa ispezione dei luoghi, in
bagno in cucina soggiorno, non ho trovato dettagli "fuoriposto", il
divano della sera prima aveva bellissimi cuscini in toni di grigio e
verde muschio e mattone, nel buio dell'alba di qui(qui all'alba
"imbrunisce") facevano un effetto mozzafiato, le confezioni di té
avevano la grafica giusta, e i piatti erano tutti uguali e tutti
rigorosamente bianchi). Gli dico che sono andata via perché io sono
fatta così. (Non gli dico che l'ho fatto perché dovevo telefonare a mimmi
per augurargli "buongiorno amore" non gli dico che qualcuno che
avevo in ogni muscolo e pensiero molto tempo fa andava sempre via
all'alba così) . Comincia a parlare Chiede di me. Dorme, dorme come
uno che sta bene dov'è. si sveglia ogni tanto per tirarmi più vicino.
Il giorno dopo va via e si ricomincia col silenzio radio. Gliene do 20
giorni questa volta, ho deciso, pure se dovesse farsi vivo lui per
primo. Non lo farà. Ora che ha capito che sto al gioco, ora che mi sono
data il ruolo di quella che s'imbatte per la prima volta in un duro di
cuore che si dà e si nega a piacere me la farà pagare e cara. Io non
sto assolutamente a farne un dramma, diciamo che al momento non è
nemmeno una bugia che non so a chi dare i resti, la voce del pillow
effect si sparge, la spargo fra gli amici anglofoni e non.
Avrei dovuto evitare i "non". un brillante ingegnere informatico
francese dice che vuole presentarmi un amico inglese altrettanto
brillante che parla "anche" francese. vive fra londra e
parigi al momento, meticcio anglo/utzebechistano/ italiano, elegante,
nato a londra, studi universitari a boston, poi di nuovo a londra dove
ha una casa sua di lui. in mezzo tre anni alla volta in
una decina di Paesi del mondo per via dei genitori diplomatici. Lo
vedo a una serata interamente francofona. non ho nemmeno bisogno di
cominciare a giocare il tipo è sufficientemente folgorato. Segue
qualche email, intravedo sufficienti livelli di complessità, mi lascio
invitare a uscire. C'è come un sottinteso, un presagio di serata che
finisce a casa di uno dei due prima ancora di uscire. Ci vediamo. Dopo
i saluti di rito sono già sul punto di fuggire via. gentleman lo è
senza dubbio, bellino, sicuro anche più che alla serata francofona.
Leggermente nervoso, al limite potrebbe anche lusingarmi. Perché
parlare francese? gli dico, infatti perché? Pregusto i secondi prima
che lui sfoderi l'arma segreta che non sa nemmeno di avere. Ricomincia
a parlare. No pillow accent. Mi porta a bere in un posto.
Poi in taxi a cena. parla, racconta. Una vita di ambasciate e soldi
che non gli ha guastato l'anima bella, complicata e sincera. But no
pillow accent. mi viene da piangere. Piangere per lui e per me. Mi
faccio orrore mentre mi sorprendo a pensare che la differenza fra lui e
un pachistano che vende i fiori per strada io nemmeno riesco a vederla.
Arrota tutte le erre, scandisce tutte le sillabe senza pietà. massacra
tre parole su quattro con un'intonazione che piazzo da qualche parte
fra brick lane e clapham. Hai voglia con quelle mani eleganti
leggermente brune. hai voglia a invitarmi a fuggire un weekend nella
sua casa nel Chianti. No pillow accent. L'orrore sembra aumentare, mi
pare addirittura di non sentire più parlare inglese ma un'altra lingua.
Mi viene da chiedergli "perché?" E sto quasi per farlo, ce l'ho lì che
sta per uscire: "why don't you have a british accent" quando mi rendo
conto che sulla curiosità genuina prevale il rammarico: il mio non è
"perché?" ma piuttosto "perché!". Mi bacia prima di andare via. O
meglio, mi bacia quando gli chiedo di andar via ché devo da andare a
dormire. Lo lascio fare, che sarà mai un bacio d'addio. Lui pensa già
a domani. Ha una fitta serie di impegni, ma sarà libero prima che io
esca dal lavoro. Si si, a domani. vado a dormire, fra lenzuola che
ancora sanno di quell'altro. Ecco almeno ho un buon argomento. Lo
chiamerò per dirgli che mi piace sentirlo parlare. magari non gliel'ha
ancora detto nessuno. vive in francia da 15 anni Pillow Accent aka
AXL, ogni tanto gli scappa un "merde" fra un "what-aevah" e l'altro.
Pillow Accent. Gli ho rubato una foto, la prossima volta nascondo un
registratore sotto al letto e gli rubo un monologo. O anche solo il
messaggio in segreteria "please leave a message" più pillow che mai.
Bunghee aka SHAH chiamerà a minuti. Non risponderò e lui lascerà un
messaggio. Io mi sentirò in colpa, poi ascolterò il messaggio e darò la
colpa a lui. Non si va a nascere a londra figlio d'ambasciatori,
intelligenti e belli, non si diventa ricchi e si comprano le case nel
chianti per poi parlare chicken curry a una pazzerella linguisticamente
disturbata come me. invece del secondo Phd vai al corso di locution che
è meglio, Bollywood-SHASH. Te lo avevi detto subito che ero
politicamente scorretta. Sono tre anni che mi sbatto in giro a parlare
lingue che non sono la mia e sentire "your accent is so hot"/ "c'est très joli
ton petit accent" è una delle poche cose che mi fa ancora andare
avanti. La "sostanza delle cose e delle parole", hai voglia a dirlo a
noi che ci mettiamo di cattivo umore per una tazza dal colore non
intonato al piattino a colazione...

Monday, February 13, 2006

La donna che ALS non ha avuto e non avrà mai

E infatti bella non è. Non lo è mai stata, mi sa. La vedi elegante, curata nei dettagli, sotto l'obiettivo di fotografi più che professionali. E non è bella, sorride, è raggiante, del resto come non esserlo. E se non c'è bellezza in un momento così, non ce ne sarà mai per lei. C'è solo il taglio scalato e la collana.

Vorrei non averla vista così. Da spettatrice, mi sento un po' tradita. Popolava non i miei sogni, ma alcune mie certezze. Sulla natura della bellezza in sé. Di bellezza interiore, garantita solo quando la di lei esistenza è provata, agli occhi degli uomini da un musetto che la proietta, che la traduce in pelle occhi bocca.
Popolava i miei dubbi. Mi chiedevo "bisogna essere belle così perché un uomo ti ami anche senza reciprocità, senza parole senza abbracci scambiati?". Avrei voluto averne una foto, a volte, ti confesso, per metterla accanto a una mia e giocare alle differenze. Carpire affascinanti segreti oltre lo sguardo, un'idea dietro alla piega della bocca. La rivedi con la bocca storta, il nasino che ci pende un po' sopra. Gli occhi troppo vicini, segno di cattiveria, pare... e non mi lascio andare ad altre considerazioni fisiognomiche ché chissà dove mi lascerei portare.

ieri sera sono tornata a casa e mi sono fatta una foto allo specchio. L'ho mandata a mimmi senza commenti, stamattina. Ha risposto solo:

"pretty. pretty pretty pretty, my pretty. pretty".

Oggi alla sua bugia, o alla sua verità ingannata dai sentimenti, voglio crederci. Per oggi soltanto.

Perché è come se D lo dovesse ad ALS , o meglio glielo doveva, e oramai è troppo tardi. Lei non saprà mai, probabilmente, di aver smesso di essere bella nel momento esatto in cui ALS non l'ha più trovata tale. Lo so io lo sappiamo noi, e ci basta, vero?

Friday, February 10, 2006

"C’era. C’è stata. Forse, non ci sarà.

http://www.iie.org/Template.cfm?Section=testl&Template=/NewLeadersGroup/photo_page3.htm

C’era. C’è stata. Forse, non ci sarà.
Come in una di quelle ore insignificanti di un pomeriggio senza impegni, ti aggiri per la città senza una meta precisa. Sai che, volendolo, ti metterai alla ricerca di qualcosa di cui probabilmente non hai alcun bisogno. Ma è qualcosa che serve solo a muoverti. Te ed i tuoi passi. Una corrente sotterranea che anima il fluire del sangue e dei pensieri che informano le azioni.
Oggi, come in un pomeriggio senza impegni, mi metto a cercare nomi in rete, così come si vaga per le vie del centro alla ricerca di qualcosa che stimoli l’attenzione ed accenda un’idea.
Oggi, come chissà quante altre volte, mi metto alla sua ricerca. Partendo da insignificanti sue tracce nell’infinità di nomi che popolano la Rete. Scorro tutti i suoi articoli, le recensioni, la carriera post-universitaria e giungo negli Stati Uniti. Ogni tanto, come a riprender fiato, mi fermo a pensare se abbia mai immaginato, supposto o sperato che qualcuno facesse qualcosa di simile per lei. Se qualcuno, con le parole di Paradzanov, sia mai ‘vissuto morendo per lei’.
Alla fine di ottobre scopro che il suo primo documentario sarà insignito di un prestigioso premio internazionale. Alla fine di ottobre scopro che è ancor più lontana di quanto potessi immaginare. Dopo aver frequentato i corsi di giornalismo a Berkeley, a New York, durante una festa in suo onore, riceverà dalle mani di Henry Kissinger l’ennesimo riconoscimento al suo lavoro.
Invio un messaggio di congratulazioni, le chiedo di riservarmi almeno uno dei balli che seguiranno la cerimonia e poi nulla più.
Oggi, come in un pomeriggio senza impegni, in realtà come in un pomeriggio in cui si sfugge ai propri doveri di studente, un pomeriggio che decidi non è buono per darsi da fare, incontri immagini di una persona che stenti a riconoscere. Una persona che c’era. O almeno così ricordi. Una persona che c’è stata. Che sai popolava le tue fantasie ed i tuoi sogni. Come la principessa che quando eri bambino speravi uscisse dalle pagine dei libri di fiabe, per vivere felice e contenta al tuo fianco.
Forse, non ci sarà. Perché io non la riconosco più. E allora me la prendo con la tecnologia digitale che, notoriamente, appiattisce le immagini, togliendo loro l’anima, quella profondità che è poi da dove la principessa arriva.
Io non la riconosco. Al punto di essere giunto a pensare ad una possibile omonimia. Ben sapendo che è proprio lei. Perché non voglio ammettere, in primo luogo a me stesso, che ho inseguito un’immagine. Che, come Antoine Doinel, ho inseguito un’immagine, un raggio di luce.
Io non la riconosco più. E così posso dire che non è bella come la ricordo. Perché era bella sì, ma un po’ superficiale: le gite in barca a Ventotene, la casa a Punta Ala e la Mini parcheggiata sotto casa.
Ora è invece una donna impegnata in documentari realizzati tra le banlieue parigine e Teheran. Ma almeno non è più bella com’era.
Forse, non lo è mai stata. Forse, non ci sarà. Allora.
Avevo bisogno di difendermi da quello che ne avevo fatto. Adoravo e demolivo il mio idolo. Per sopravvivere alla noia. Per sopravvivere." ALS